Articolo Cucina Alimentazione
Menù etnico – i cibi di Atlantide – parte 2 freccevenerdì 30 agosto 2013      


Tsike, lo sciamano guaritore della tribù dei Fleathead, incontrato nel 1991 nel Montana, proseguì la sua storia sul lungo viaggio dei suoi progenitori (tra il 5000 e il 2100 a.C. dalle Hawaii al Nord America, passando per l'Egitto, l'Europa, il Medio Oriente e l'India), dicendomi che era usanza, in molteplici occasioni, accompagnare le vivande con distillati d'uva. Nei Menù Atlantidei queste bevande, così simili al vino, venivano preparate dai bambini e dalle anziane donne del popolo dei camminatori (non vi avevo ancora detto che si chiamavano Cohei).

I giovani raccoglievano l'uva e la spremevano con le mani (non con i piedi, da dedicare solo alla marcia) mentre le donne preparavano gli ingredienti per la preparazione del Citwà (acqua dell'abbandono - questo era il nome di quei vini) e, all'occorrenza, accendevano i fuochi che, con lunghe cotture, avrebbero trasformato il succo di quel frutto nella scura acqua del “dolce abbraccio” dell'abbandono; una bevanda chiamata Citwà Retwì (una sostanza mielosa e poco alcolica – al giorno d'oggi, una cosa simile viene ancora fatto in alcune città della Puglia). Tsike, di fronte ai miei occhi, preparò quattro tipologie diverse di Citwà e me le fece assaggiare tutte.

Pur bevendo un solo sorso per ognuna, mi addormentai quasi subito e il mattino dopo mi ero dimenticato ogni cosa; fu lui, con un sorriso sornione, a raccontarmi l'esperienza che avevo vissuto e, tra l'altro, mi disse che avevo cominciato a cantare in una lingua sconosciuta prima di gettarmi su un giaciglio e cominciare a russare come un trombone. Mi diede poi le ricette dei diversi tipi di Citwà, dicendomi di fare molta attenzione poiché grande è il loro potere. In base all'esperienza organolettica di Tsike, lui consigliava quattro vini “moderni” che ho ritrovato in Italia nei: Primitivo di Manciuria, Barbera, Pinot grigio e Fragolino.

Ora, questi sono i quattro tipi di Citwè che Tsike mi ha fatto provare e poi insegnato a preparare a mia volta: (tutte le quantità sono descritte per una singola bottiglia)
  1. Citwè Mtulay (abbandono nella pioggia del Dio) – Si può usare come base il vino Primitivo al quale aggiungere della menta peperita e del the verde in foglioline, un chiodo di garofano, dello zucchero bianco e del cacao puro in scaglie; scaldare il tutto fino alla bollitura o anche oltre a seconda dell'età dei commensali (più viene cotto, meno è alcolico). Quando lo abbiamo preparato, personalmente, mi sentivo proprio come uno stregone.
  2. Citwè Visciuà (abbandono dell'amica ferita) – Come base, il Barbera, a cui viene aggiunto del miele in grande quantità, qualche goccia di olio di semi di girasole, delle nocciole in scaglie e un pizzico di sale. Viene riscaldato appena e servito in grandi ciotole. Nell'antichità veniva preparato principalmente per i cacciatori che tornavano stanchi dalle battute. Si diceva che il sale li mantenesse vigili e attenti nel caso in cui gli animali uccisi tornassero dall'aldilà per vendicarsi.
  3. Citwè Yoykun (abbandono degli alberi antichi) – La base è il Pinot Grigio con l'aggiunta di semi di finocchio, cannella in polvere, una poltiglia fatta da pasta di olive e alcune erbe aromatiche (tracce di rosmarino e basilico) e infine un mix tra zucchero di canna e sale che, a seconda dell'anzianità del bevitore, veniva inserito direttamente in ogni ciotola; una maggiore anzianità comportava a una maggiore quantità di sale. Questo tipo di bevanda veniva servito dopo la cena e la sua temperatura dipendeva dalla stagione.
  4. Citwè Miminkù (abbandono alla gioia dell'infante) – Fragolino con aggiunta di numerosa frutta a seconda delle zone in cui i Cohei si trovavano; inoltre tracce di peperoncino piccante, foglie di lauro e violette selvatiche in grandissima quantità. Questa bevanda era riservata ai più giovani e veniva bevuta soprattutto durante le cerimonie per l'ingresso nell'età adulta.
Posso assicurare che bere il vino così lavorato è stata per me un'esperienza unica. Certo, dopo quella prima volta così “folle”, mi sono ritrovato a proporli in numerose feste o banchetti con amici, sempre con un certo successo. Riguardo a quel lontano 1991, sono comunque convinto che Tsike ci avesse aggiunto qualche intruglio stregonesco, perché poi non è più capitata un'esperienza così stravolgente. Quindi vi consiglio di assaggiare senza timore ognuno di questi Citwè, poiché anche queste bevande, piene di storia e di primitiva cultura, aggiungono un tassello allo svelarsi del mistico mistero di Atlantide e dei suoi cibi. Vi auguro una buona bevuta. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Simone  Balduzzi - vedi tutti gli articoli di Simone  Balduzzi



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Ricetta del giorno
Broccoli marinati
Immergere i broccoli in acqua salata in modo che possano assorbire bene l’acqua e quindi asciugarli bene.
Schiacciare 4 spicchi d'aglio con lo schiaccia ....
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Ricetta del giorno
Spaghetti al pesto di rucola e pistacchi
Mettere a bollire l’acqua per la pasta, e una volta raggiunto il bollore, salarla e tuffarvi gli spaghetti, quindi rimettere il coperchio alla pentola ....



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Menù etnico – i cibi di Atlantide – parte 2 freccevenerdì 30 agosto 2013      

Tsike, lo sciamano guaritore della tribù dei Fleathead, incontrato nel 1991 nel Montana, proseguì la sua storia sul lungo viaggio dei suoi progenitori (tra il 5000 e il 2100 a.C. dalle Hawaii al Nord America, passando per l'Egitto, l'Europa, il Medio Oriente e l'India), dicendomi che era usanza, in molteplici occasioni, accompagnare le vivande con distillati d'uva. Nei Menù Atlantidei queste bevande, così simili al vino, venivano preparate dai bambini e dalle anziane donne del popolo dei camminatori (non vi avevo ancora detto che si chiamavano Cohei).

I giovani raccoglievano l'uva e la spremevano con le mani (non con i piedi, da dedicare solo alla marcia) mentre le donne preparavano gli ingredienti per la preparazione del Citwà (acqua dell'abbandono - questo era il nome di quei vini) e, all'occorrenza, accendevano i fuochi che, con lunghe cotture, avrebbero trasformato il succo di quel frutto nella scura acqua del “dolce abbraccio” dell'abbandono; una bevanda chiamata Citwà Retwì (una sostanza mielosa e poco alcolica – al giorno d'oggi, una cosa simile viene ancora fatto in alcune città della Puglia). Tsike, di fronte ai miei occhi, preparò quattro tipologie diverse di Citwà e me le fece assaggiare tutte.

Pur bevendo un solo sorso per ognuna, mi addormentai quasi subito e il mattino dopo mi ero dimenticato ogni cosa; fu lui, con un sorriso sornione, a raccontarmi l'esperienza che avevo vissuto e, tra l'altro, mi disse che avevo cominciato a cantare in una lingua sconosciuta prima di gettarmi su un giaciglio e cominciare a russare come un trombone. Mi diede poi le ricette dei diversi tipi di Citwà, dicendomi di fare molta attenzione poiché grande è il loro potere. In base all'esperienza organolettica di Tsike, lui consigliava quattro vini “moderni” che ho ritrovato in Italia nei: Primitivo di Manciuria, Barbera, Pinot grigio e Fragolino.

Ora, questi sono i quattro tipi di Citwè che Tsike mi ha fatto provare e poi insegnato a preparare a mia volta: (tutte le quantità sono descritte per una singola bottiglia)
  1. Citwè Mtulay (abbandono nella pioggia del Dio) – Si può usare come base il vino Primitivo al quale aggiungere della menta peperita e del the verde in foglioline, un chiodo di garofano, dello zucchero bianco e del cacao puro in scaglie; scaldare il tutto fino alla bollitura o anche oltre a seconda dell'età dei commensali (più viene cotto, meno è alcolico). Quando lo abbiamo preparato, personalmente, mi sentivo proprio come uno stregone.
  2. Citwè Visciuà (abbandono dell'amica ferita) – Come base, il Barbera, a cui viene aggiunto del miele in grande quantità, qualche goccia di olio di semi di girasole, delle nocciole in scaglie e un pizzico di sale. Viene riscaldato appena e servito in grandi ciotole. Nell'antichità veniva preparato principalmente per i cacciatori che tornavano stanchi dalle battute. Si diceva che il sale li mantenesse vigili e attenti nel caso in cui gli animali uccisi tornassero dall'aldilà per vendicarsi.
  3. Citwè Yoykun (abbandono degli alberi antichi) – La base è il Pinot Grigio con l'aggiunta di semi di finocchio, cannella in polvere, una poltiglia fatta da pasta di olive e alcune erbe aromatiche (tracce di rosmarino e basilico) e infine un mix tra zucchero di canna e sale che, a seconda dell'anzianità del bevitore, veniva inserito direttamente in ogni ciotola; una maggiore anzianità comportava a una maggiore quantità di sale. Questo tipo di bevanda veniva servito dopo la cena e la sua temperatura dipendeva dalla stagione.
  4. Citwè Miminkù (abbandono alla gioia dell'infante) – Fragolino con aggiunta di numerosa frutta a seconda delle zone in cui i Cohei si trovavano; inoltre tracce di peperoncino piccante, foglie di lauro e violette selvatiche in grandissima quantità. Questa bevanda era riservata ai più giovani e veniva bevuta soprattutto durante le cerimonie per l'ingresso nell'età adulta.
Posso assicurare che bere il vino così lavorato è stata per me un'esperienza unica. Certo, dopo quella prima volta così “folle”, mi sono ritrovato a proporli in numerose feste o banchetti con amici, sempre con un certo successo. Riguardo a quel lontano 1991, sono comunque convinto che Tsike ci avesse aggiunto qualche intruglio stregonesco, perché poi non è più capitata un'esperienza così stravolgente. Quindi vi consiglio di assaggiare senza timore ognuno di questi Citwè, poiché anche queste bevande, piene di storia e di primitiva cultura, aggiungono un tassello allo svelarsi del mistico mistero di Atlantide e dei suoi cibi. Vi auguro una buona bevuta. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

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